Emergenza clima: cosa sta succedendo e cosa prevedono il diritto internazionale e nazionale?
di Adriano Giudice
Il 5 novembre scorso 11.000 scienziati e scienziate di tutto il mondo hanno dichiarato con un annuncio pubblico su BioScience lo stato di emergenza climatica per tutto il pianeta Terra. Cosa sta accadendo esattamente e che misure di intervento prevedono il diritto internazionale e il diritto nostrano?
L'emergenza dichiarata dagli scienziati è dovuta al Riscaldamento Globale che è un fenomeno di incremento della temperatura media terrestre sviluppatosi dagli inizi del 1800 ai giorni d'oggi. La comunità scientifica dichiara che l'innalzamento delle temperature non è riconducibile a cause naturali ma a conseguenze dell'attività umana. Nel quarto rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) si legge che dall'era preindustriale ad oggi la temperatura si è alzata di circa 1°C. Questo incremento è dovuto in particolare alla deforestazione, agli allevamenti intensivi, all'aumento della concentrazione di gas serra nell'atmosfera, specialmente dell'anidride carbonica, che vengono rilasciati dagli impianti che producono energia attraverso combustibili fossili.
L'aumento della temperatura terrestre causa molti cambiamenti naturali che rappresentano un pericolo per l'uomo, così come dice l'ambientalista e giornalista statunitense Bill McKibben :"Gli effetti del cambiamento climatico cui stiamo già assistendo sono diversi da qualsiasi altra cosa abbiamo visto fino ad ora, si vede in Mongolia colpita dalla siccità alla Thailandia colpita dalle alluvioni, dall'Australia devastata dal fuoco alle comunità dell'Himalaya minacciate dallo scioglimento dei ghiacciai, ogni volta che prendiamo il giornale leggiamo di calamità che sempre meno possiamo definire "naturali".
Tra gli effetti del Global Warming ci sono gli eventi meteorologici estremi (cicloni, alluvioni, gelo, ondate di caldo), lo scioglimento dei ghiacciai che a sua volta causa l'innalzamento del livello del mare che provoca seri danni alle città che si affacciano sul mare, l'incremento del diossido di carbonio nell'atmosfera porta all'acidificazione degli oceani. Questi cambiamenti risultano essere un problema anche per molte specie animali e vegetali che vedono cambiare i loro habitat naturali e di conseguenza dovranno emigrare o estinguersi.
Gli stessi scienziati firmatari si sono dichiarati disposti a cooperare insieme a coloro che dovranno pensare e attuare scelte politiche mirate a contrastare questo problema poiché c'è bisogno di misure drastiche e imminenti da parte di tutti i governi, in modo da arrivare a soluzioni valide che possano realmente ripristinare la situazione dell'intero pianeta.
Cosa prevede il diritto internazionale in merito? Il tema dell'ambiente è diventato di interesse internazionale solo in tempi recenti, l'Onu si è espressa nel 1972 riconoscendo nella tutela dell'ambiente il rispetto di diritti umani «L'uomo ha un diritto fondamentale alla libertà, all'uguaglianza e a condizioni di vita soddisfacenti, in un ambiente che gli consenta di vivere nella dignità e nel benessere. Egli ha il dovere solenne di proteggere e migliorare l'ambiente a favore delle generazioni presenti e future». Uno degli principali accordi internazionali sull'azione per il clima è la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) firmata a Rio nel 1992, la quale rappresenta uno strumento che consente, ai Paesi che hanno ratificato, di collaborare al fine di limitare l'aumento della temperatura globale e i cambiamenti climatici.
Negli anni successivi i firmatari dell'UNFCCC si sono accorti che non bastava una convenzione ma c'era bisogno di misure più restrittive e giuridicamente vincolanti. Così l'11 dicembre 1997 l'UNFCC approvò il Protocollo di Kyoto a cui aderirono 38 paesi, compresa l'UE con tutti i suoi 28 membri. Con questo accordo si era deciso di ridurre le emissioni almeno del 18% rispetto ai livelli dei primi anni novanta. Il problema del seguente protocollo è che paesi come Russia, Cina e America si sono ritirati, lasciando, così, che tale strumento sia applicabile solo al 14% delle emissioni mondiali.
L'accordo più recente e con misure più drastiche è l'Accordo di Parigi ratificato da 55 Paesi, tra cui tutti gli stati UE, che rappresentano il 55% delle emissioni globali di gas nell'effetto serra. L'obbiettivo imposto è quello di ridurre il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C, di limitare le emissioni globali e di non aumentare la temperatura al di sopra di 1,5°C. Nell'accordo è stabilito anche di riunirsi con cadenza quinquennale e di stabilire ,in futuro, obiettivi più efficienti garantendo trasparenza e responsabilità verso i cittadini e gli altri stati che hanno aderito. Nel trattato si riconosce, inoltre, il ruolo degli enti più piccoli, come comuni e ragioni, a sostenere iniziative per ridurre le emissioni di gas.
Le complicazioni non tardano ad arrivare anche questa volta, difatti con l'uscita degli USA, a quasi 5 anni dall'accordo, le emissioni di gas continuano ad aumentare e questa volta il problema è politico. Gli stati hanno avuto la facoltà di scegliere i propri obiettivi da raggiungere e garantirne l'attuazione dipendentemente alla loro situazione politica, sociale ed economica. L'Europa, ad esempio, si è data come limite di tempo entro cui diminuire le emissioni di CO2 il 2030 con obiettivi ben chiari; gli Stati Uniti, invece, hanno addirittura tolto gli incentivi per ridurre l'uso del carbone e hanno abbandonato le politiche ambientali svilendo, così, il tema dell'emergenza climatica.
Come si comporta l'Italia davanti a questa emergenza? L'ultimo provvedimento in merito risale all'approvazione del Consiglio dei Ministri del DECRETO LEGISLATIVO 30 maggio 2018, n. 81, inerente l'attuazione della direttiva (UE) 2016/2284 concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici adempiendo ai seguenti obblighi:
• Impegni nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra;
• Elaborazione e attuazione di programmi di controllo dell'inquinamento atmosferico;
• Monitoraggio degli impatti dell'inquinamento atmosferico sugli ecosistemi;
• Una più efficace informazione rivolta ai cittadini utilizzando tutti i sistemi informativi disponibili;
In Europa, secondo i dati Eurostat elaborati da Confindustria, l'Italia risulta essere uno dei primi paesi UE più efficienti per sostenibilità ambientale. Le imprese italiane sono tra le più virtuose per emissioni di CO2, consumo di materia prima, consumo di energia e riciclo e recupero dei rifiuti, diventando leader nella riduzione efficiente del suo impatto ambientale.
In conclusione, osservando la situazione mondiale e nazionale, si evince che la sostenibilità ambientale deve soprattutto essere di interesse socio-economico, bisognerebbe cambiare il sistema economico improntato sul consumismo, dato che certamente la Terra ha vissuto periodi ben peggiori di questi e provvede a salvarsi da sola, il problema è per noi umani che non possiamo permetterci di sostenere dei ritmi del genere per sempre, basti pensare che se tutto il mondo vivesse come l'Italia sarebbero necessarie risorse come oltre due pianeti. Deve essere un impegno che chiami in causa tutti, di qualsiasi ceto e posizione politica, bisogna che noi consumatori ci mobilitiamo quotidianamente nel nostro piccolo ad assumere uno stile di vita eco sostenibile, informando e influenzando più persone possibili. Le multinazionali e tutte le grandi aziende, responsabili del 76% delle emissioni di carbonio, dovranno pagare per i loro sistemi di produzione non ecocompatibili. Il momento di cambiare è adesso e spetta a tutti, perché i disastri ambientali e le conseguenze dei cambiamenti climatici certamente non risparmieranno nessuno.