Come procede l'erogazione del Reddito di Cittadinanza?

03.11.2019

Di Giovanni Paolo Gargiulo


Cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, il quale ne ha rivendicato con orgoglio il patrocinio, il Reddito di cittadinanza è una misura che ha suscitato un massiccio dibattito pubblico fino - e oltre - la sua concretizzazione. Dibattito che è andato repentinamente scemando negli ultimi tempi, come spesso accade, lasciandosi però alle spalle una serie di interrogativi cui non è scontato trovare una risposta: il peso della manovra sulle finanze pubbliche, il numero di nuclei familiari e cittadini coinvolti ed altri aspetti sui quali servirebbe fare il punto. Anzitutto è necessario, (se si ritiene che avesse ragione Rosa Luxemburg quando sosteneva che il primo gesto rivoluzionario è chiamare le cose con il proprio nome), spendere una riflessione sulla natura della misura, poiché essa si configura più come un reddito minimo garantito che come un reale reddito di cittadinanza. Sul punto si era infatti già espresso il Prof. Tito Boeri, allora presidente dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), nell'ambito di un'audizione per la XI Commissione "Lavoro, Previdenza Sociale" del Senato il 9 giugno 2015 (ad oggetto i ddl 1148/13; 1670/14 e 1697/14), sottolineando come il citato ddl 1148/13 prevedesse "l'introduzione di un reddito di cittadinanza che nell'articolato della norma è poi descritto come reddito minimo garantito in quanto non è concesso a tutti i cittadini, indipendentemente dal reddito, bensì solo a chi ha determinati requisiti." Sulla questione si sono soffermati anche Marco Todarello per The Vision e Giuseppe Bronzini, con un contributo lucido e puntuale, su Volerelaluna. Scrive a riguardo Bronzini come non solo l'Italia si sia attardata nell'impegno che l'Unione Europea - nemmeno l'unica, considerato il rapporto Onofri del 1988 per la commissione voluta dal Governo Prodi - già chiedeva in tre raccomandazioni (1992, 2008 e 2017) di garantire "un'esistenza dignitosa per tutti: sconfiggere la povertà e offrire al mondo un futuro sostenibile" (Comunicazione Commissione Europea Bruxelles, 27 febbraio 2013) ma anche sia pervenuta all'ideazione di una misura definita di universalismo selettivo, ossia nei fatti un reddito minimo garantito (RMG) che si concentra sulla tutela di soggetti in situazione di concreto bisogno, non già dunque di ciò che in antinomia si usa definire basic income (una quota distribuita indipendentemente dal reddito). Pur non limitandosi alla sola analisi terminologica lo stesso Bronzini, in un diverso contributo sul trimestrale Questione Giustizia, arriva all'interessante proposta di uno ius existentiae per i cittadini dell'Unione come rilancio dell'Europa sociale in risposta al brivido di populismo sovranista che la sta recentemente attraversando.

Entrando ora nel merito della questione, il Reddito di cittadinanza (Rdc) è una misura di politica attiva del lavoro oltre che, come detto, di contrasto alla povertà. Come predisposto ai sensi del dl 4/2019 e dalla legge di conversione 26/2019 ai cittadini è consentito richiederlo dal 6 marzo di quest'anno, in concomitanza con l'obbligo di seguire un percorso di reinserimento lavorativo; se il richiedente o il nucleo familiare è composto da soggetti al sessantasettesimo (od oltre) anno di età il beneficio assume la denominazione di Pensione di cittadinanza (Pdc). I dati più recenti dell'Osservatorio statistico dell'INPS, presentati nell'appendice statistica aprile-settembre 2019 (e riassunti nel report trimestrale aggiornato all'8 ottobre 2019) restituiscono un quadro chiaro della situazione odierna: sono 1,5 milioni i nuclei (l'unità d'analisi è infatti costituita dal nucleo) che hanno presentato domanda (il 65% delle quali è stato accolto, l'8% è tutt'ora in lavorazione mentre il 27% respinte o cancellate). Da aprile 2019 ad oggi sono 39 mila i nuclei decaduti dal diritto. Tali informazioni sono basate sui dati di trasmissione per CAF, Patronati e Poste Italiane, da cui provengono rispettivamente il 64%, 14% e 21% delle domande. Sud e Isole hanno una maggiore concentrazione di nuclei percettori, con il 61% delle prestazioni erogate; seguono Nord (24%) e Centro (15%). Quanto alle regioni a guidare la classifica è la Campania, seguita da Sicilia, Lazio e Puglia: in queste quattro regioni risiede il 54% dei beneficiari.

Diversamente da talune predizioni Rdc e Pdc hanno come destinatari cittadini italiani nel 90% dei casi, (il restante 10% è così ripartito: 6% a cittadini extracomunitari in possesso di permesso di soggiorno UE, 3% a cittadini europei ed 1% a familiari delle suddette categorie), mentre pare che al vaglio della nuova alleanza di governo PD-M5S vi sia la ridefinizione di alcuni criteri precedentemente imposti dalla Lega. Per quanto concerne l'erogazione degli importi quello medio mensile per i primi tre mesi dall'istituzione della prestazione è stato di 482 euro, con importi maggiori del 7% al Sud confrontato con la media nazionale; nello specifico la media è di 520 euro a nucleo per il Rdc e di 215 euro per la Pdc. Solamente l'1% percepisce un importo superiore a 1.200 euro. Il confronto con il Reddito d'inclusione (ReI), precedente misura di non dissimile natura mostra un notevole incremento nell'erogazione degli importi poiché, come sintetizzato dal report, "emerge che l'importo medio erogato a Settembre 2019 è più elevato del 73% rispetto all'importo medio del Reddito di Inclusione (509 euro vs 294 euro)".

Alla prova della sua applicazione si rende dunque più semplice formulare una serie di considerazioni - seppure, s'intende, provvisorie - sulla misura cardine del Movimento 5 Stelle. In primo luogo la platea di potenziali beneficiari che gli esponenti politici millantavano prossima a 5 milioni già veniva senza indugio ridimensionata ("intorno a 2,7 milioni" si legge) nel report dell'Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate (a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali) di marzo 2019, quando gli attuali beneficiari si attestano essere, come visto, 1,5 milioni. In secondo luogo, lungi dall'essere risolte, restano le molteplici criticità in merito ai sistemi di controllo, alla reale natura di politica attiva del provvedimento (recentissima la richiesta di Grieco, in merito alla "fase 2", di un'agenda condivisa con il Governo, come si legge sul sito della Conferenza delle regioni e delle province autonome), all'effettiva assunzione dei 10mila cd. Navigators.

Criticità che nascono senz'altro dalla necessità politica (non sarebbe avventato dire dalla fretta) per la prova delle urne alle recenti elezioni europee. In terzo - ed ultimo - luogo, si deve constatare che l'originaria proposta del M5S prevedeva un investimento di 16 miliardi (più tardi divenuti 14,9 mentre ne sono stati stanziati appena 6) e tuttavia questa cifra si allontana notevolmente da altre stime che in relazione al ddl 1148/13 parlavano di 29 o 30 miliardi (LaVoce, INPS).

In conclusione si ottiene un bilancio in precario equilibrio, che porta in grembo ancora legittimi interrogativi sulle procedure amministrative, sulla necessità di dare ordine ad una fondamentale misura di contrasto alla diseguaglianza nonché sul futuro politico di tale iniziativa, peraltro difficile da rendere appetibile al rispettivo elettorato in caso di una potenziale vittoria della coalizione di centrodestra. Si auspica dunque un serio coinvolgimento istituzionale (in questo senso la recente firma del decreto sui PUC del Ministro Catalfo), nella speranza che si accenda una rinnovata passione per il dibattito pubblico e dottrinale intorno al RMG ed al reddito di base, soluzioni dignitose contro indecenti situazioni di povertà assoluta.


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