Cosa sta accadendo in Siria per il diritto internazionale

03.11.2019

Di Adriano Giudice


Il 9 ottobre 2019 iniziano i raid aerei e gli attacchi dell'esercito turco di Recep Tayyip Erdoğan, presidente della Turchia, contro le milizie curde dello Ypg (Unità di protezione popolare) a nord della Siria. Ma chi sono esattamente i curdi?

I curdi sono un gruppo etnico, linguistico e religioso stanziato nel territorio del Kurdistan, non ufficialmente riconosciuto come Stato, ma che in realtà avrebbe tutte le carte in regola per esserlo. Dopo la caduta dell'Impero Ottomano e dopo la Prima Guerra Mondiale, la comunità dei curdi è sempre stata utilizzata dalle forze esterne per combattere le politiche ottomane sul territorio. L'unica speranza di assegnare un territorio che sarebbe divenuto stato ai curdi si è avuta nel 1920 con il Trattato di Sevres, dove era prevista la formazione del Kurdistan con capitale Diyarbakir, stanziato tra Iraq, Turchia e Siria. I sogni si infransero quando, in Turchia, salì al potere Ataturk che con le sue nuove politiche repubblicane spinse i turchi a contrastare il trattato di Sevres, arrivando, infatti, a stipulare il trattato di Losanna che segnò la fine delle ambizioni curde. Di conseguenza i curdi sono costretti a lottare da anni contro le nazioni limitrofe per la propria indipendenza, situazione a permanere se le nazioni esterne a quel territorio non faranno nulla per questo popolo.

L'avanzata turca è iniziata dopo che il Presidente degli USA, Donald Trump, ha richiamato in patria le forze armate dal confine siriano, dove l'esercito americano era presente per combattere l'Isis con l'aiuto delle truppe autoctone. Una volta espugnato il califfato, Trump, non avendo più alcun interesse a trattenere il suo esercito sul territorio e non volendo per di più entrate in conflitti diplomatici, ha deciso di ritirarlo, così facilitando l'avanzata delle truppe turche contro l'Ypg.

L'interesse di Erdogan nasce da una parte per conquistare un territorio ricco di petrolio, dall'altra per realizzare una sorta di zona cuscinetto lungo il confine tra Siria e Turchia, atto a difendere quest'ultima da quella che il presidente turco identifica come una "forte minaccia terroristica" dovuta alla grande ondata migratoria iniziata con la primavera araba. 

In realtà i veri obiettivi di Ankara sono quelli di occupare una zona nella quale rispedire tutti i migranti siriani e non, questione che sta permettendo di qualificare l'offensiva come 'Operazione di Pace" e soprattutto quello di impedire la nascita di uno Stato Curdo. Erdogan sa bene che la creazione di questo stato causerebbe un marcato spopolamento in molte zone della Turchia orientale, dove vivono tantissime persone di nazionalità turca, ma di cultura curda. Tutte persone che sarebbero attratte da un ricongiungimento con la propria matrice etnica in virtù anche del principio difeso dal diritto internazionale di autodeterminazione dei popoli.

Nonostante il Presidente turco sia stato invitato sia da Washington che da Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo, a cessare le operazioni militari, evitando così di andare incontro a sanzioni internazionali che potrebbero colpire anche l'economia turca, Erdogan ha dichiarato di non aver alcuna intenzione di ritirare le forze armate se non prima che siano i curdi a farlo .

L'Ypg ha dichiarato che molti prigionieri, tra cui terroristi affiliati all'Isis, sono riusciti a scappare dalle prigioni curde durante i bombardamenti a nord-est del paese e teme che questi possano ritornare a organizzare lo stato islamico.

Gli attacchi delle truppe turche e dei loro alleati, tra cui miliziani arabi siriani, non mirano solamente ai militari curdi ma anche ai civili; Amnesty International, infatti, denuncia ad Erdogan crimini di guerra, omicidi sommari, attacchi illegali e violazioni dei diritti dell'uomo in base all'art. 3 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, secondo cui ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Le azioni militari turche e filo-turche dimostrano disprezzo per la vita umana perpetrando attacchi in centri abitati contro donne e bambini indifesi, con prove schiaccianti riguardo l'uccisione di medici, volontari e giornalisti, senza essere passati prima da una via di risoluzione mediatica. Tutti crimini che se fossero confermati aggraverebbero pesantemente la posizione della Turchia davanti alla comunità internazionale.

"L'offensiva militare turca nel nord-est della Siria ha devastato la vita dei civili siriani, che ancora una volta sono stati costretti a lasciare le loro case e a vivere nel costante pericolo di bombardamenti indiscriminati, rapimenti ed esecuzioni sommarie. L'esercito turco e i suoi alleati hanno mostrato un profondo, vergognoso disprezzo per le vite civili lanciando attacchi illegali e mortali in centri abitati che hanno causato la morte e il ferimento di civili"- questo ha dichiarato Kumi Naidoo, segretario generale di Amnesty International .

Nell'ambito di questa "azione di Pace" si è verificata anche l'uccisione di Hevrin Khalaf, esponente politica curda, segretaria del Partito Futuro siriano e attivista per i diritti delle donne. Il suo corpo è stato trovato crivellato di colpi insieme a quello di altri otto che viaggiavano con lei a bordo di un fuoristrada bloccato lungo l'autostrada M4. I mandanti di questo omicidio sono molto probabilmente miliziani arabo-siriani che combattono fianco a fianco con i soldati di Erdogan e tra i quali militano anche elementi jihadisti.

Le operazioni militari hanno provocato attualmente circa 500 morti, più di 100 mila sfollati, mettendo a rischio la vita di 2,5 milioni di curdi pronti ora a fuggire e raggiungere l'Europa.

Cosa prevede la Carta delle Nazioni Unite rispetto all'uso della forza? Secondo l'art. 2, parte 4 uno Stato deve astenersi dall'uso internazionale della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato. Gli unici casi legittimati all'uso della forza sono la legittima difesa o nell'ambito di organizzazioni internazionali regionali. A questo punto, non rientrando nei casi legittimati, pare vergognoso che l'Onu e la Nato, di cui la Turchia fa parte, non prendano provvedimenti contro questa barbarie che mette in discussione la validità dei trattati internazionali e i valori su cui è fondata, permettendo che continuino a morire bambini, donne e uomini innocenti che hanno la "sola colpa" di essere nati nel posto giusto al momento sbagliato. Paesi come il Rojava hanno ambizioni da Stato democratico, laico, basato su un'ideologia socialista e che promuove i diritti civili e la parità di sesso, posizioni che non vanno di certo a genio al nazionalismo turco e dei paesi confinanti.

Cosa può fare, dunque, l'Unione Europea? La situazione è più complessa di quanto sembri e certamente non bastano le timide minacce di embargo sull'esportazione di armi di alcuni paesi UE. Ebbene sì, molti paesi europei vendono armi alla Turchia, tra cui l'Italia. Per capire bene i fatti bisogna mettere in chiaro i rapporti che corrono tra Bruxelles e Ankara in questi ultimi anni. Nel 2016 la Turchia e L'UE pattuirono una somma di circa 6 miliardi di euro per contenere 3,5 milioni di profughi diretti verso Occidente. Erdogan, nonostante abbia incassato l'ingente somma di denaro, non teme le ripercussioni dell'Unione Europea, ma la tiene in pugno minacciando di poter lasciar passare milioni di profughi siriani, tra cui possibili esponenti dell'Isis, allarmando così i capi di Stato europei.

Finché l'Europa avrà paura di un'invasione dei profughi, non ci sarà nulla che possa fermare le azioni di Erdogan che sfrontatamente ha anche accusato l'UE e la Nato di essersi schierate a "sostegno dei terroristi". Questa (non) presa di posizione dell'Europa è attaccata da molti partiti politici sia di destra che di sinistra di tutta l'Unione e non solo. Anche personaggi al di fuori dalla politica hanno preso una posizione ferma, come ad esempio Gino Strada, fondatore di Emergency, che ha dichiarato indecente l'atteggiamento di Governo e dell'Europa.

In tutto questo il Presidente della Turchia è sempre stato appoggiato da Putin, presidente della Federazione Russa, con il quale il 22 ottobre ha pattuito l'accordo sulla "safe zone". Il Cremlino ha adocchiato l'occasione di potersi stanziare in un territorio dove era stato assente fino ad allora a causa della presenza americana. L'accordo dei due presidenti prevede la formazione di un territorio che si estende per 120km tra le città di Tel Abyad (ovest) e Ras Al-Ayn (est) sottratto all'Ypg negli scontri precedenti dove quest'ultimi sono stati costretti alla ritirata. Tale territorio sarà pattugliato dall'esercito turco-russo lungo tutto il confine e fino a 10 km dentro il territorio siriano fino al completamento dell'evacuazione dell'Ypg da quella zona entro 150 ore.

Il 24 Ottobre il Parlamento Europeo ha condannato l'intervento militare turco in Siria con una risoluzione non legislativa, invitando il Consiglio Ue ad introdurre una serie di sanzioni. Continuano intanto le manifestazioni in diverse piazze d'Europa a sostegno dei curdi e del Rojava, simbolo di lotta per uno stato democratico, socialista e liberale. E' riprovevole pensare a tutte quelle persone che stanno combattendo o hanno perso la vita per questi giochi di potere tra forze mondiali.

Si sta così completamente smarrendo il valore della vita umana. Centinaia di vittime rischiano di essere morte invano e tutto quello che è accaduto non ha ancora ricevuto la giusta attenzione da parte delle Nazioni Unite, sempre più ostaggio degli interessi dei grossi stati che ne fanno parte.

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