Il riscatto dell’umanità è la cooperazione?
L'Unione europea è il fertilizzante della parola che rispecchia l'incontro con l'altro, il tetto di riparo che abbiamo costruito dopo la mela marcia dei nazionalismi. È lo strumento più potente che abbiamo per vivere minimizzando i danni. Ma, prima di crogiolarci negli ideali, ripercorriamo alcuni momenti.
31 dicembre 2019. In Cina, a Wuhan iniziano le notizie mediatiche sui primi casi di "polmoniti anomale". Tra il 9 e il 12 gennaio, le autorità cinesi dichiarano ai media locali che il patogeno responsabile è un nuovo ceppo di coronavirus e si trasmette tra esseri umani. 30 gennaio: l'Oms dichiara lo stato di emergenza globale e il patogeno viene identificato come COVID-19. 21 febbraio, primi casi in Italia. Tra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo 2020 si registrano casi in paesi europei e non. L'11 marzo 2020 il direttore generale dell'Oms dichiara la pandemia, sperando di scatenare una collaborazione internazionale per contrastare il covid-19.
25 marzo 2020. Per fronteggiare la crisi economica che seguirà all'esplosione del coronavirus in seguito all'emergenza, il premier Conte e altri otto leader (Spagna, Portogallo, Francia, Slovenia, Grecia, Irlanda, Belgio e Lussemburgo) chiedono all'Unione Europea l'emissione di "coronabond". Il termine è stato coniato ad hoc, ma il concetto non è nuovo ai Paesi europei: durante la crisi economica avvenuta tra il 2011 e il 2012 si è parlato di "eurobond", ovvero obbligazioni del debito pubblico dei Paesi dell'Eurozona, emesse da un'apposita Agenzia europea per il debito.
"Tutti stiamo affrontando uno shock simmetrico esogeno, di cui non è direttamente responsabile alcun Paese, ma le cui conseguenze negative gravano su tutti", affermano i proponenti.
Ma che cos'è un Coronabond?
Si tratta di un'obbligazione emessa per fronteggiare, da un lato, le spese sanitarie, gli ospedali, l'acquisto di macchinari per la terapia intensiva e altri strumenti; dall'altro, le spese per far fronte alla recessione economica europea in seguito alla chiusura di fabbriche, negozi, bar, ristoranti, ecc. In altre parole, uno Stato membro chiede soldi in prestito per poter finanziare le proprie opere di intervento e il debito viene diviso fra tutti gli Stati membri, così che i Paesi con capacità di spesa ridotta possano essere aiutati per far fronte alle ingenti uscite di denaro.
Conte ha così chiesto ai leader europei di istituire una sorta di gruppo di lavoro formato dai "cinque presidenti" (di Consiglio Ue, Commissione Ue, Europarlamento, Bce, Eurogruppo) per fornire una proposta di risposta comune. «Questa volta bisogna restare uniti per reagire a uno shock imprevedibile e simmetrico di portata epocale, che non tocca solo il nostro Paese ma sta investendo l'Europa tutta», osserva il premier italiano.
Il commissario Ue all'economia Paolo Gentiloni ritiene che i titoli comuni della zona Euro per finanziare gli interventi anti Covid-19 debbano essere emessi a tassi molto bassi e che lo strumento più veloce e semplice da utilizzare sia il Mes (Meccanismo europeo di stabilità), immediatamente disponibile con risorse per 410 miliardi di euro. Secondo alcuni, il Mes è uno strumento potente che può moltiplicare le risorse dei singoli Stati nazionali e garantire credito a tassi agevolati. Secondo altri, l'Unione europea non può emettere debito perché non ha un Tesoro europeo. Il debito dovrebbe essere garantito da qualcosa, quindi o si trasferiscono a Bruxelles asset, ossia beni patrimoniali, dei singoli Paesi (per semplificare: il Colosseo, infrastrutture che generano reddito, immobili) oppure si trasferisce il potere fiscale, attribuendo al livello comunitario entrate future. In entrambi i casi se questi trasferimenti riducono le garanzie del debito italiano già emesso, il risultato rischia di essere controproducente: magari riceveremmo Coronabond a tassi vantaggiosi, ma pagheremmo interessi più alti sugli oltre 2000 miliardi di debito normale in circolazione. Tuttavia, del Mes hanno usufruito per 254,5 miliardi di euro ben cinque diversi Stati: Grecia (per tre volte), Irlanda, Cipro, Portogallo e Spagna. Appurato è che l'utilizzo da parte di uno Stato del Mes implica delle condizioni molto stringenti. Ed è su questo punto che si sta consumando lo scontro tra l'Italia e i Paesi del Nord capitanati dalla Germania. Nel frattempo, vi sono altri strumenti disponibili: la Banca europea degli investimenti, che può emettere obbligazioni sottoscritte dalla Bce per avere fondi da girare direttamente alle imprese con problemi di liquidità, aggirando interamente il sistema bancario. I singoli Stati nazionali potrebbero poi recuperare le somme - dopo l'emergenza - attraverso i rispettivi sistemi fiscali, in modo da minimizzare il costo di gestione per la Bei e dunque il tasso praticato.
9 aprile 2020. Bruxelles. Dopo 16 ore di riunione, viene raggiunto l'accordo sulla risposta europea alla crisi economica. Si tratta di un «pacchetto» straordinario di 540 miliardi di euro e in particolare: Sure, la cassa integrazione europea con disponibilità fino a 100 miliardi; un fondo speciale della Bei (Banca europea degli investimenti) da 200 miliardi di euro specie per piccole e medie imprese; e soprattutto una nuova disponibilità del Mes da 240 miliardi, per cui si è deciso che le linee di credito precauzionali «saranno aperte a tutti gli Stati» in una misura pari al 2% del loro Pil. Il salva-Stati copre almeno fino a 240 miliardi di prestiti per tutti i Paesi che ne faranno richiesta. L'Eurogruppo rivendica «l'unico requisito» per usufruire del denaro: i prestiti devono essere usati per sostenere il finanziamento diretto e indiretto di prevenzioni, cure e sanità relativamente ai costi dovuti alla crisi del virus. Ma non per le altre spese socio-economiche indirettamente legate all'emergenza. Successivamente, in coerenza con il quadro di coordinamento e sorveglianza economica, i membri della zona euro resteranno impegnati a rafforzare i fondamentali economici e finanziari. Resta da discutere sul Recovery Fund, proposta italiana e francese di un Fondo per la Ripresa, citato nel testo finale della riunione, come sottolinea il ministro francese Bruno Le Maire. Si tratta, ancora sulla carta, di un fondo da circa 500 miliardi "temporaneo e commisurato ai costi straordinari della crisi e aiuterà a spalmarli nel tempo attraverso un finanziamento adeguato". Nel testo delle conclusioni non c'è menzione di Coronabond e questa sembra essere una sconfitta per l'Italia, ma c'è ancora speranza.
Christine Lagarde, la presidente della Bce, ha spinto i ministri a considerare la creazione di Coronabond sotto forma di una tantum, per aiutare l'economia della zona euro. Sembra che l'utilizzo del Mes sia solo un passo iniziale, mentre bisognerebbe esplorare ulteriormente i Coronabond, chiaramente non a tempo indeterminato ma legati soltanto a questa emergenza.
Se solo si lasciassero da parte gli egoismi nazionali, forse si imparerebbe la lezione che il COVID-19 ci comunica dall'inizio: solo uniti potremo fare la differenza e rialzarci più forti di prima.