Inchiesta Rinascita-Scott: come Gratteri rappresenta il riscatto della Calabria
di Tommaso Aiello
I legami tra Stato e mafia non sono nuovi agli italiani. La storia e la cronaca insegnano che molte, anzi troppe volte, gli onesti cittadini hanno pagato costi altissimi, e tanti con la vita: magistrati, membri delle forze dell'ordine, civili.
Nel dicembre 2019 si è aggiunto un nuovo capitolo alla voce trattative Stato-mafia: l'inchiesta "Rinascita-Scott". L'indagine è stata portata avanti dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro (Dda), guidata dal Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri. Il 18 giugno 2020 sono terminate le indagini con la notifica, da parte dei carabinieri del Ros e del nucleo anticrimine di Catanzaro e del nucleo investigativo di Vibo Valentia, della chiusura delle indagini per ben 479 indagati. Un numero che è cresciuto rispetto agli arresti fatti nell'operazione di dicembre che sono stati 334 con 416 indagati. Il 25 settembre si è conclusa la requisitoria nel processo "rinascita-Scott" nell'udienza davanti al Giudice per l'udienza preliminare (Gup), svoltasi in un aula bunker del carcere di Rebibbia a Roma. I sostituti procuratori della Dda catanzarese Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Mancuso hanno ribadito la richiesta di rinvio a giudizio per 452 imputati. Il 30 settembre si sono svolte le discussioni delle parti civili, le richieste di rito abbreviato e sono iniziate le discussioni per le difese di coloro che non hanno chiesto riti alternativi; le discussioni delle difese riprenderanno il 27 ottobre. Con un giorno di anticipo, a causa della fuga di notizie, lo scorso dicembre tremila carabinieri hanno condotto un blitz in cui sono state eseguite 334 ordinanze (260 in carcere, 70 ai domiciliari, 4 divieti di dimora). I provvedimenti cautelari sono stati eseguiti in Calabria, Piemonte, Toscana, Campania, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Sicilia, Puglia, Basilicata ma anche fuori i confini nazionali come in Germania, Svizzera e Bulgaria. Gli arresti hanno toccato tutte le cosche vibonesi a partire da quella più importante, i Mancuso di Limbadi. Insieme a loro, dietro le sbarre sono finiti membri delle cosche Lo Bianco, Barba, Pardea-Camillò-Macrì e Pugliese di Vibo Valentia, Bonavota di Sant'Onofrio, Cracolici di Maierato e Filogaso, Barbieri di Cessaniti, Bonavena di Pannaconi, Accorinti di Zungri, Fiarè-Razionale-Gasparro di San Gregorio d'Ippona, Mazzotta di Pizzo Calabro, La Rosa di Tropea. Il lavoro della Dda calabrese ha letteralmente alzato il velo sulla reale forma della 'ndranghta che sembra essersi lasciata alle spalle la violenza come unico mezzo per raggiungere i propri scopi ma che predilige, oggi, i legami con i colletti bianchi e con le istituzioni. Questa indagine ha svelato quanto la 'ndrangheta sia capace di infiltrarsi nelle fila di quegli apparati dello Stato che hanno perso o che non hanno mai avuto il senso dello Stato. A testimonianza di ciò, in carcere sono finiti l'ex senatore di Forza Italia e avvocato Giancarlo Pittelli, il sindaco di Pizzo, Gianluca Callipo e un ufficiale dei carabinieri Giorgio Naselli. Ai domiciliari invece sono rimasti l'ex consigliere regionale del Pd Pietro Giamborino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e il segretario del Psi calabrese Luigi Incarnato. Il socialista è accusato di corruzione elettorale. Nelle elezioni del 4 marzo 2018 Incarnato era candidato come deputato nel collegio uninominale di Castrovillari quando, secondo l'accusa, avrebbe partecipato ad un affare organizzato da Giamborino e l'imprenditore Pino Cuomo. L'oggetto dell'operazione era la costituzione di un centro di accoglienza straordinario in un hotel in disuso sulla Ss 18. Incarnato avrebbe procurato, secondo l'accusa, a Giamborino e a Cuomo l'incontro con il sindaco di Paola, Roberto Parrotta. Ai domiciliari anche Filippo Nesci, comandante della Polizia municipale di Vibo Valentia ed Enrico Caria, comandante della polizia locale di Pizzo all'epoca dei fatti. Divieto di dimora per l'ex vicepresidente della regione Nicola Adamo accusato di traffico di influenze senza l'aggravante mafiosa. Il 16 gennaio scorso il Gip di Catanzaro ha revocato il provvedimento nei confronti di Adamo. Il 16 luglio i giudici della sesta sezione penale della Corte di Cassazione hanno annullato l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari (Gip) di Catanzaro per Gianluca Callipo, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e abuso di ufficio aggravato dalle modalità mafiose, perché il presunto patto tra Callipo e la 'ndrina locale non avrebbe i requisiti adatti per definirlo tale. La corte di Cassazione ha emesso lo stesso verdetto per L'ufficiale Giorgio Naselli, al quale erano stati concessi gli arresti domiciliari dopo un mese di carcere. Naselli era stato accusato per i suoi presunti rapporti con l'avvocato Pittelli e per la sua presunta attività di mettere a conoscenza Pittelli di notizie di ufficio che dovevano restare segrete. La posizione più influente sembra essere quella dell'ex senatore di Forza Italia. Secondo l'accusa Pittelli viene definito "la cerniera tra i due mondi", quella della 'ndrangheta e quello della massoneria, visto che l'avvocato è iscritto al Grande oriente d'Italia (Goi). Il capo di accusa consiste nel fatto che Pittelli avrebbe messo a disposizione le sue conoscenze di ex senatore, di avvocato e di massone, quindi un grande bagaglio di conoscenze e di influenze a livello politico- istituzionale e imprenditoriale, per far si che la 'ndrangheta consolidasse e rafforzasse i propri obiettivi. Secondo l'accusa, Pittelli era un vero e proprio faccendiere della mafia vibonese, la quale si rivolgeva a lui per le più svariate esigenze. A Pittelli vengono attribuiti legami diretti con Luigi Mancuso, boss della cosca di Limbadi operante in tutto il territorio vibonese. Legami di vario tipo che vedevano l'avvocato penalista intercedere affinché la figlia del boss passasse un esame di istologia e che il figlio di un altro boss della cosca di Sant'Onofrio potesse inserirsi al Policlinico Gemelli di Roma. Aiuto per cose spicciole che si alternavano ad interventi molto più importanti che vedevano Pittelli interloquire con grandi nomi storici della 'ndrangheta calabrese come i De Stefano. Questo era Pittelli per la Dda di Catanzaro, un uomo con una mano stretta ai grandi della 'ndrangheta e con l'altra stretta ai grandi della massoneria, tutti inseriti negli apparati dello Stato (giudiziario, forze armate, bancario ecc..). Ecco svelato il vero volto della 'ndrangheta, mafiosi che sono entrati nell'apparato statale attraverso relazioni forti con i quadri della Pubblica Amministrazione, con Sindaci, dipendenti, membri delle forze dell'ordine e membri di organizzazione massoniche. In tutti questi anni nell'immaginario collettivo si è creata un'immagine della 'ndrangheta sbagliata e fuorviante. La mafia calabrese non è un insieme di pastori e di assassini o di semplici spacciatori di droga, è ben altro. È gente che cerca e crea legami con persone importanti per infiltrarsi nell'apparato statale e nell'apparato imprenditoriale. Forse alcuni percepiscono, a torto, che la 'ndrangheta sia solo un gruppo pericoloso di sequestratori ignoranti. Ma così non è. Questa percezione ha portato ad ignorare quanto di questa lo Stato possa essere impregnato. Quello 'ndranghetista è un sistema caratterizzato da investimenti in società pulite per riciclare le enormi somme di denaro che provengono dal narco-traffico e da altri affari illeciti. Proprio il 18 giugno i carabinieri di Vibo valentia e di Firenze hanno eseguito 18 misure cautelari tra Vibo, Firenze ed altre città italiane con l'accusa di traffico internazionale di stupefacenti. Intervento scaturito dagli approfondimenti investigativi conseguenza dall'inchiesta di dicembre. Il traffico di droga comprendeva cocaina, marijuana e hashish, materia prima che i calabresi ricevevano direttamente dal Brasile e dall'Albania. Dal paese sud americano il traffico di cocaina veniva occultato attraverso ditte di import-export di marmi, niobio e manganese. Mentre la compravendita di hashish e marijuana dall'Albania avveniva attraverso il porto di Bari, incluso in una rete internazionale di droga messa a punto dalla 'ndrangheta Vibonese con degli Albanesi stanziati stabilmente in Toscana. Un vero e proprio cartello della droga che i calabresi hanno reso efficiente attraverso l'utilizzo di personale specializzato, veri e propri broker della droga, che contrattava con i produttori il prezzo della merce e si occupava dell'approvvigionamento.
Il procuratore Gratteri ha risvegliato gli animi dei calabresi stanchi, oramai, di vivere in una regione messa in ginocchio dalla 'ndrangheta. Il suo lavoro di magistrato non finisce con le inchieste e gli arresti ma va oltre. Gli incontri nelle scuole con i ragazzi sono moltissimi, il lavoro di divulgazione attraverso i libri scritti in collaborazione con Antonio Nicaso sono noti a tutti. Un lavoro di sensibilizzazione e di educazione a quello che è la 'ndrangheta e a quello che è la legalità che vede come principali uditori i ragazzi, esortati dal magistrato calabrese a studiare molto, perché soltanto attraverso lo studio si può sperare di dare un futuro alla Calabria. Gratteri non è solo, la manifestazione di Libera contro le mafie a Locri nel 2017, nel cuore pulsante della 'ndrnagheta, la manifestazione nell'anno precedente fatta a Catanzaro per dichiarare materialmente il supporto al procuratore, sono tutti segnali di un popolo che vuole riscattarsi. L'attività del magistrato rappresenta l'azione dello Stato sano che vuole estirpare la malerba dalla Calabria. Ma non basta. Se davvero si vuole cambiare, lo devono fare anche i cittadini. Il procuratore catanzarese in uno dei suoi tanti interventi disse che nel potere della 'ndrangheta e tanto importante quanto altri fattori la "mafiosità dei cittadini" cioè quel bagaglio di comportanti o prassi sociale che i Calabresi sono abituati a compiere. Comportamenti apparentemente semplici e innocui che invece ci fanno rimanere impantanati nella cultura mafiosa. Chiedere il favore all'amico che sta al comune, telefonare al conoscente medico o infermiere per saltare la fila, cercare una raccomandazione, tutti comportamenti che devono essere cancellati dal normale modus operandi perché, anche se apparentemente innocui, fanno parte di una cultura mafiosa nella quale, in maniera inconsapevole, chiunque può ritrovarsi.
La mafia fa ribrezzo a tutti i calabresi sani che amano la legalità e che sono convinti che non ci sia nessuna caratteristica di onore o di eccellenza nell'essere mafioso, sono solo dei criminali deviati da un'onnipotenza feroce e ignorante.
Gratteri rappresenta l'occasione che i Calabresi aspettavano da tanto tempo per dimostrare una volta per tutte che loro sono altro rispetto alla 'ndrangheta.