Riflessioni sulle dimissioni di Fioramonti e scissione dei ministeri: un messaggio di allarme?

03.04.2020

di Michela Lamorte 

Il 23 dicembre del 2019 sono state ufficializzate le dimissioni dell'ex Ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti, che rivendicava lo stanziamento di risorse e che come è evidente dal voto definitivo nell'ultima Legge Di Bilancio 2020, in correlazione alle precedenti, e in continuità con i governi degli ultimi anni, non è avvenuto.

Secondo il Ministro, il Governo doveva osare un po' di più e destinare almeno tre miliardi di euro per il comparto Istruzione e un miliardo per la Ricerca; ma l'ultima manovra finanziaria prevedeva meno di tre miliardi e il nostro ex Ministro, di fronte a ciò, decide di fare un passo indietro.

Quest'ultimo, è stato assente all'ultimo Consiglio dei Ministri e alla Camera durante la votazione della manovra. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, firmato il decreto con il quale accettava le dimissioni di Lorenzo Fioramonti da ministro dell'Istruzione, affida ad interim il dicastero al presidente del Consiglio Giuseppe Conte (rendendolo noto un comunicato del Quirinale).

Può sembrare una situazione analoga ad altre, come ad esempio proprio quella dell'attuale Presidente della Repubblica, che nel luglio 1990 si dimise da ministro della Pubblica Istruzione insieme ad altri quattro ministri della sinistra DC, non condividendo la linea assunta dal Governo, presieduto al tempo da Giulio Andreotti favorevole alla legge Mammì sul sistema radiotelevisivo.

Questa situazione rispetto ad altre simili, che si sono sviluppate precedentemente, presenta una novità notevole, ossia la scissione e lo sdoppiamento del Miur in due Ministeri: il primo con a capo Lucia Azzolina per quanto riguarda la scuola e il secondo con a capo Gaetano Manfredi per l'Università e la Ricerca.

Il Ministro Fioramonti in un'intervista aveva chiarito che non si aspettava del tutto che le sue dimissioni venissero accettate e che avrebbe voluto sfruttare questa mossa più che altro per stimolare il governo e far capire che faceva sul serio, infatti invitava i ragazzi a non arrendersi alle politiche del 'non si può fare'. Il Ministro stesso inoltre aveva dichiarato, che dopo aver consegnato le sue dimissioni, si era reso disponibile in prima persona per rendere effettiva la garanzia sulla transizione al vertice del ministero, per garantire continuità operativa. Il suo operato evidenziava il suo fine principale: invertire in modo radicale la tendenza che ha colpito la scuola negli ultimi anni.

''Il tema non è mai stato accontentare le mie richieste, ma decidere che Paese vogliamo diventare, perché è nella scuola - su questo non vi è alcun dubbio - che si crea quello che saremo.'' Lo sapeva bene Piero Calamandrei quando scriveva che ''se si vuole che la democrazia prima si faccia e poi si mantenga e si perfezioni, si può dire che la scuola a lungo andare è più importante del Parlamento, della Magistratura, della Corte Costituzionale.'' Queste parole derivano dalle dichiarazioni del Ministro che rivolgeva soprattutto agli studenti e alle studentesse.

L'economia del XXI secolo si basa sul capitale umano, che in senso strettamente economico si rifà al concetto di cura professionale e tecnica dei propri dipendenti da parte dell'azienda e le spese destinate all'accrescimento delle conoscenze ossia le spese destinate all'istruzione sono investimenti in capitale umano, finalizzati all'ottimizzazione sia della capacità produttiva che dei redditi di singoli individui.

Non identificare il giusto valore dell'istruzione e della ricerca ci farà cadere in un abisso sempre più profondo, perché se oggi pensiamo che garantire e rendere effettivo il diritto allo studio sia costoso, ci spetterà riscontrare il peso dell'ignoranza. Di questo passo, non ci si può stupire di fronte a dati statistici che evidenziano che il trenta per cento degli italiani è analfabeta funzionale, o che il trentacinque per cento degli alunni di terza media non è in grado di eseguire una semplice comprensione del testo. È necessario rimediare attuando nel pratico delle misure che estendano il diritto allo studio e lo rendano un diritto effettivo e accessibile a tutti.

La motivazione formale dell'abbandono del responsabile della scuola e dell'università, dovrebbe far capo alla mancata assegnazione di fondi al Miur. Analizzandolo così, lo si deve ritenere un nobile atto, considerato che in gioco c'è l'interesse del buon funzionamento del sistema scolastico e universitario. La storia, la tradizione dei governi repubblicani dicono però che in passato ci sono stati ministri che si sono sì dimessi per svariati motivi, ma mai per mancata assegnazione di risorse finanziarie al proprio dicastero, materia di competenza tra ministri e il presidente del Consiglio.

Il deputato Giorgio Trizzino accusa l'ex ministro di non aver restituito le indennità parlamentari, come è prassi nel Movimento 5 stelle di cui Fioramonti faceva parte, dichiarando:

"Prima di andarsene bisogna essere a posto con la coscienza e con la propria moralità", attacca Trizzino, "se Fioramonti non ha restituito i soldi, come promesso, il suo addio ha il sapore di una fuga, quanto ai fondi mancanti per l'istruzione, mi sembra una scusa", ha osservato Trizzino, "non si può avere tutto quello che si vuole. Anche a me sarebbe piaciuto avere altri tre miliardi e mezzo per la sanità".

In realtà, il ministro è stato attaccato da varie soggettività all'interno del movimento e ribatte chiarendo che oltre a continuare a versare nel conto del Bilancio dello Stato, come i colleghi, le restituzioni sarebbero state versate sul conto del Tecnopolo Mediterraneo per lo Sviluppo Sostenibile, un centro di ricerca pubblico che, da viceministro prima e da ministro poi, ha promosso a Taranto, una città deturpata da un modello di sviluppo sbagliato.

I maggiori responsabili sono proprio i partiti comparsi sulla scena dopo i decenni della prima esperienza repubblicana, compreso il Movimento 5 stelle, diventati, come ai tempi del trasformismo giolittiano, circoli elettorali, con l'esclusiva funzione di conquistare il voto della gente con leggi elettorali senza preferenze, che favoriscono sempre i soliti gruppi di potere.

Il governo non esitò ad accettare subito le dimissioni del Ministro, gesto che fa evincere all'istante una mancanza di coraggio verso il cambiamento. La spesa pubblica sull'istruzione é in calo costante da vent'anni: dopo la crisi del 2009 molti paesi con in testa la Germania hanno investito in scuola e università, ovviamente l'Italia ne resta fuori mettendo in secondo piano non solo il settore dell'Istruzione e della Ricerca ma il futuro del nostro paese tutto.

Per la prima volta ci troviamo davanti a un evento che solleva una forte accusa alla classe politica, il messaggio del ministro è chiaro:" non c'è volontà di investire nell'istruzione e nella ricerca." Il nostro paese, infatti, non ha mai più ripristinato i livelli di finanziamento precedenti ai tagli di Tremonti e alla riforma Gelmini di inizio decennio. Nessun governo è stato in grado di riportare indietro il livello degli investimenti.

Le conseguenze di queste azioni sono molteplici: gli strumenti per il diritto allo studio sono pochi e riguardano pochi studenti, è presente una mancanza di fondi per quanto riguarda l'edilizia scolastica, gli insegnanti sono sottopagati e in gran parte precari e consegue che gli enti ricerca non hanno risorse per stabilizzare i ricercatori precari. Di fronte a questa situazione chiaramente tre miliardi di euro sono una cifra irrisoria se paragonata a quella che servirebbe al sistema scolastico per le sue normali attività, basti pensare che investiamo lo 0,01% del nostro PIL in diritto allo studio e che siamo l'unico Paese ad avere la figura dell'idoneo non beneficiario.

Bisogna riaprire sicuramente un dibattito pubblico sull'istruzione e i rispettivi finanziamenti all'interno del Paese, con necessità di portare misure concrete affinché esso possa di nuovo assumere il suo ruolo all'interno della società.

Si deve ripartire dai luoghi del sapere, la scuola, quale luogo degli apprendimenti in una società della conoscenza sempre più mediatizzata. Sì richiede un insegnante dal profilo professionale incentrato sulla consapevolezza critica da trasmettere, attuando un rapporto docente-alunno che sia attivo e in primis umano. L' insegnante dunque, non è più solo trasmettitore di conoscenze e mediatore di nozioni bensì colui che è capace di attingere alle risorse del territorio, di interagire con i saperi che l'attuale società multimediale propone e saperli trasmettere.

Bisogna restituire alla scuola il suo ruolo formativo e sociale, eliminando il processo di aziendalizzazione scolastica e tornando a sviluppare un sistema che sia in grado di stimolare educando alla cooperazione piuttosto che alla competizione.

L'ex ministro rappresentava anche una speranza per noi studenti, per la sua disponibilità al confronto e per l'intercettazione concreta dei nostri bisogni. Questo evento storico-politico, ha creato inevitabilmente delle fratture all'interno del sistema scolastico che riguardano diverse questioni come la dispersione scolastica, formazione dei docenti, stabilizzazione del sistema, procedure di avvio del prossimo anno scolastico, ecc.

' Costruire un futuro migliore attraverso l'istruzione'.

Questo è stato il motto dell'ex ministro e spiega che l'idea che genera il progresso è la misurazione dei valori: "la misurazione salverà il mondo" - ha spiegato - perché è alla base dell'economia della conoscenza, che è l'economia del futuro.

L'educazione è un investimento e non un costo, è l'unica risorsa e unica possibilità per la crescita delle persone e lo sviluppo del territorio.

Basti pensare a una delle conseguenze più evidenti in seguito alla scissione dei due ministeri: muoversi verso una tendenza di polarizzazione, cioè, di allargamento delle disparità e delle disuguaglianze economiche, dirigendosi verso una linea che va sempre più a differenziare atenei di serie a e atenei di serie b.

Continuando ad attuare queste pratiche, c'è il rischio che si accresca il fenomeno c.d. della 'fuga di cervelli', poiché il soggetto, in seguito alle misure in atto, si sente poco valorizzato e di conseguenza alimenterà un senso di evasione ed emancipazione personale e sostanziale, che sazierà esplorando nuove terre, perché la sua non è in grado di dargli ciò che cerca. In realtà nessuno di noi sa effettivamente di cosa ha bisogno, sarebbe meglio costruirsi un futuro autonomamente piuttosto che accettare o adattarsi alle linee o parametri dettati da qualcun altro!

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